martedì, luglio 17, 2007

Boia chi sbaglia

Ubriaco in auto? Manette. Drogato? Manette. Non paghi le tasse? Manette. Qualunque cosa fai, ovunque tu andrai, sempre manette ai polsi troverai. Per carità, manette teoriche.

Però. Però trovo infantile che ad ogni episodio di cronaca, anche drammatica come quella degli incidenti stradali, ci sia sempre il ministro di turno che presenti disegni di legge o invochi pene più severe, multe più alte, o direttamente il boia a chi sbaglia. Non è serio metter multe da 10mila euro che non saranno mai riscosse. Non è serio mettere il limite alcolico a una birra perchè i giornali possano scrivere che il tale mentre faceva un incidente mortale superava di 4 volte il tasso alcoolico. Non è serio proporre di chiudere i locali all'una per evitare le stragi del sabato sera perchè a quel punto tanto vale mettere il coprifuoco o il divieto di circolazione fino alle 6 del mattino.

Chi scrive è un bevitore talmente moderato da non temere nessun alcool test. Però. Però mi sembra che non abbiamo bisogno di pene più severe, ma della certezza della pena. Un ubriaco o un drogato non puù fare centinaia di chilometri il sabato senza incontrare una pattuglia. Meglio prevenire l'incidente che il boia a chi sbaglia.

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mercoledì, luglio 04, 2007

Pensioni, la riforma impossibile

Ha ragione Giavazzi e quanti come lui fanno osservare che in Italia ci sono oggi tre anziani oltre i 65 anni ogni dieci persone in età da lavoro (15-64 anni). Non ho dubbi che siano esatti i calcoli che dicono che fra quindi anni la proporzione sarà quattro su dieci e nel 2050 sarà di sette su dieci. Riformare il sistema pensionistico è necessario. Ma finora ci siamo concentrati sugli obblighi. Per gioco - ma fino a un certo punto - vorrei provare a stravolgere il concetto: non è necessario obbligare le persone a lavorare più a lungo, ma dare loro motivazioni perchè non vadano in pensione. In queto senso gli incentivi economici servono a poco. Piuttosto perchè non provare a:

1) organizzare il lavoro in modo che una persona si senta utile sul luogo di lavoro. Oggi abbiamo chi non aspetta altro che la pensione dal momento in cui inizia a lavorare. Perchè si sente sfruttato, sopraffatto da un sistema che non premia il merito, senza possibilità di evolvere nella sua condizione. Al contrario quei pochi a cui piace il loro lavoro ci rimangono fin oltre l'età della pensione perchè non lo avvertono come un peso (e non si tratta solo dei super manager). Intervenire sul lato dell'organizzazione e del merito avrebbe un forte impatto motivazionale.

2) riconoscere che certi lavori sono usuranti e non possono essere fatti tutta la vita. Occore quindi stabilire possibiltà di uscite anticipate e di formazione continua per poter accedere a posti di lavoro diversi nelle diverse fasi della vita.

3) concedere la pensione (magari non gravandola solo sull'Inps ma anche sulle spese sociali) per quei lavoratori che, per riconosciuti motivi di salute, a una certa età - non conta quale - non sono più in condizioni di lavorare. Certo i medici devono assumersi la responsabilità delle loro decisioni ed evitare di generare il circolo della mazzetta.

4) Pensare alla pensione come a un ritiro attivo. Molti anziani si dedicano al volontariato, ad attività sociali, alla cura dei nipoti svolgendo un'attività che spesso è fondamentale per la comunità, ma che non è riconosciuta economicamente. Incentivare e organizzare queste attività consentirebbe di dare valore agli anziani e alla loro attività, nei modi e nei tempi che queste persone avvertono essere nelle loro possibilità.

5) Separare la pensione da lavoro da tutte quelle forme di pensione assisteziale che oggi ricadono sull'Inps, ma che hanno a che fare con l'assistenza più che con la previdenza sfalsando tutti i calcoli Inps e facendo imbestialire i lavoratori.

Tutto questo basterebbe ad evitare un innalzamento dell'età pensionabile? Non lo so. In ogni caso alcuni di questi punti mi sembrano necessari a prescindere. Solo per un corretto funzionamento dell'economia.

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lunedì, luglio 02, 2007

Tfr e la lezione Parmalat

Scrivono i giornali che il 30% degli italiani ha deciso di mettere il tfr nei fondi pensione. Un altro 10% ci entrerà per la peggior regola che possa esistere in democrazia: il silenzio assenso. Per il governo che puntava al 40% i conti dovrebbero tornare.

Se penso che il 60% però ha detto di no mi rendo conto del grado di fiducia che il Paese ha verso il sistema finanziario italiano. Direi riassumibile in quello slogan orrendo degli anni Ottanta: "Se lo conosci lo eviti, se lo conosci non ti uccide". D'altra parte gli ultimi anni hanno dimostrato che non ci si può fidare. Cirio, Parmalat, Bpi, ... fino a Italease dimostrano che non c'è nulla di più facile che appropriarsi dei guadagni e scaricare le perdite sulla clientela. Ed è normale che nessuno voglia affidare a certa gente il proprio futuro.

Il 30% di adesioni è comunque un risultato sopra le mie personali attese. E credo che sia in gran parte frutto della fiducia che i lavoratori hanno ancora nei sindacati. Speriamo l'abbiano riposta bene perchè qui c'è una partita da 10 miliardi di euro l'anno da cui dipende il futuro di 4 milioni di persone. Io, onestamente, sono diventato troppo cinico: il tfr l'ho tenuto in azienda.

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