martedì, aprile 22, 2008

E se la lega fosse un bluff?

Alla centocinquantaseiesima inchiesta letta sul Nord che vota Lega, forse per stanchezza, forse per noia, forse perchè ci si rompe le palle peggio che al salone - e fuori salone - del mobile (i non milanesi possono chiamare per avere dettagli), sorge il dubbio: e se l'affermazione della Lega Nord fosse un bluff. Un'ipotesi di scuola ovviamente. Ma analizziamo i dati da un altro punto di vista. Le elezioni del 2006 hanno mostrato che l'Italia è un Paese di centrodestra: nemmeno un governo più inutile che dannoso come quello Berlusconi 2001-2006 ha consentito al centrosinistra super-allargato di vincere nettamente le elezioni. Allora si disse: "Il paese è spaccato in due". Queste elezioni, invece, ci hanno detto una cosa più chiara, cioè che le forze di centrosinistra hanno uno zuccolo duro del 35% mentre il centrodestra ha una quota di elettori fedeli che si avvicina al 50%. Il resto è voto fluido. Non ho paura ad usare il termine voto di protesta. In altre parole un voto non ideologico. Quella fetta di elettori ,che rappresenta il 15-20% dell'elettorato, è spaventato dal futuro e anche un po' molto incazzato. Nel 2006 ha dato fiducia anche a Rifondazione, Verdi & C. Oggi non ha avuto problemi a cercare altre strade come la Lega (che d'altra parte rosicchia voti anche al Pdl).
Nell'ipotesi di scuola la conclusione è poco consolatoria per chi cerca una democrazia matura e bipolare: 1) non si vince al centro, ma aggregando gli incazzati; 2) più si cerca di aggregare forze in superpartiti omogenei più si alimenta la forza centrifuga di nani (percentualmente ovviamente) arrabbiati che possono esplodere in un'elezione per soccombere in quella successiva. E' già successo altre volte alla Lega che dai fasti è scesa sotto il 4% per poi risalire. E' successo - tanto per fare un altro esempio - ai radicali con le elezioni europee dove la Lista Bonino prese, se non ricordo male, qualcosa come l'8%.
Ovviamente è un'ipotesi di scuola. Poi c'è la questione del nord, la sicurezza, la sindrome da accerchiamento degli immigrati e tutte le cose che avete già letto.

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martedì, aprile 15, 2008

Non cambiare governo cambia Paese

Non cambiare governo, cambia Paese. Lo slogan del Pd letto oggi, alla luce dei risultati elettorali che hanno portato a stravincere il centrodestra fa sorridere. Sembra un invito a lasciare l'Italia. Cambia Paese, però, può anche essere un consiglio ancora valido per quel che resta del centrosinistra. Berlusconi, infatti, andrà al governo per la terza volta perchè è riuscito a fornire una rappresentazione credibile del Paese. E più ancora di lui ci è riuscita la Lega Nord. Ci hanno detto che l'Italia è un Paese in via di impoverimento ed è un Paese insicuro. Ci hanno fornito le cause: una tassazione eccessiva e un'immigrazione selvaggia. Ci hanno fornito le risposte: meno tasse (a cominciare da quelle simbolo come l'Ici), meno Stato, meno clandestini in giro a compiere reati.
E il Pd? Ha fatto le stesse analisi, ci ha prospettato le stesse cause e soluzioni appena un po' più umanitarie. E ha perso, più di quello che dicono i risultati elettorali. Se si tolgono i voti drenati a sinistra sarebbe di gran lunga sotto il 30%. Ma non è colpa di Prodi, del suo governo, della litigiosità della coalizione. E' che al centrosinistra manca un romanziere. Cambiare Paese - per il centrosinistra - vuole dire imparare a raccontare l'Italia, i suoi problemi, le sue ricchezze, ma da un altro punto di vista. Il centodestra è oggi l'unica forza in grado di fornire una rappresentazione dei cittadini e dei loro problemi. Raramente, però, negli anni in cui ha governato è riuscita a dimostrare che le soluzioni era buone o applicabili (vedi la Bossi-Fini sull'immigrazione o l'equazione condoni=più cittadini che pagano le tasse=abbassamento della pressione fiscale). Teoricamente, sembra esserci spazio per un nuovo racconto. A patto di trovare scrittori che lo sappiano raccontare.