milano, via padova
Tre mesi in via padova, Milano, sono un'esperienza che va raccontata anche se solo con qualche riga di blog. Svegliarsi la mattina alle 4 per fare l'apertura a radio popolare e incontrare un'umanità varia fatta di travestiti, trans. Le tette finte al vento che sporgono da un marciapiede come in una vetrina. Il negozio è il corpo, imbottito di ormoni e di silicone. Ce n'era una che incontravo spesso, seduta su un cestino di rifiuti, il viso sfigurato da interventi riusciti male e il corpo lasciato andare a una vita... chissà che vita. Gli affari andavano male, credo, ma lei tutte le notti era lì, come un vigile di quartiere a presidiare via padova. Abitava proprio davanti ame, la finestra della sua camera davnti alla mia sull'altro lato della strada. E poi tante altre, di quelle che levedi da lontano è dici che figa e poi quando è a cinque metri dici, ma cazzo è un uomo. Il mio ex compagno di stanza si è anche fatto abbordare una volta (poi non si sono messi d'accordo sul prezzo, cose che capitano).
No, via padova non è un bel posto dove stare, ma è uno di quesi posti talmente assurdi che finiscono per avere il loro fascino. Un po' come la Multipla che non ci spenderesti mai 20mila euro, ma se la trovi di seconda mano a un prezzo decente, quasi quasi ci fai un pensierino.
Per adesso me ne vado da via padova, quel groviglio di generi e razze che si mescolano e a prima vista spaventano ma poi diventano quotidiani. Da tre giorni ho cambiato casa, me ne sono tornato all'Isola, un quartiere apparentemente più tranquillo. Sotto casa c'è una joint venture fra un macellaio italiano e un kebabbaro nordafricano che vendono nello stesso negozio. Si vantano di vendere 40 kg di kebab al giorno perchè loro il giro di carne se lo fanno da soli. Assagerò.