mercoledì, aprile 27, 2005

Dimenticare l'11 settembre

Accettereste che il vostro parroco fosse istruito dallo stato italiano, secondo gli obiettivi e gli scopi di quest'ultimo? Accetterste che l'aspirante parroco sia selezionato valutando la sua "predisposizione" alla moderazione? O considereste tutto ciò un'ingerenza?Io la considererei tale. E per questo inorridisco di fronte all'articolo di Magdi Allam sul Corriere della sera del 25 aprile. In breve: Il Marocco è il primo Paese mussulmano a creare un master per formare imam, guide del culto maschi, e murshidat, guide religiose femmine. Al termine del corso, che dura un anno, verrà rilasciato un diploma statale con cui si potrà trovare più facilmente un posto di lavoro fisso nelle moschee e negli enti islamici. Disarmante l'analisi di Allam: "Se fosse necessaria l'ennesima prova della globalizzazione del fenomeno del terrorismo di matrice islamica, si prenda atto della significativa concomitanza con cui alcuni paesi mussulmani - oltre al Marocco, l'Egitto, l'Arabia Saudita, lo Yemen - e alcuni Paesi europei - tra cui Olanda, Francia, Gran Bretagna e Italia - stanno attuando o prospettando corsi di formazione di imam. perchè si è unanimemente compreso che alla base dell'azione terroristica vera e propria c'è un processo di indottrinamento ideologico che è il frutto di una certa predicazione estremistica da parte di taluni imam".
Che lo faccia il Marocco già non è una buona notizia, ma che si stia facendo strada, anche nella democratica Europa, l'idea di mettere il bavaglio agli imam per evitare il rischio di creare nuovi terroristi è inaccettabile. La separazione dei poteri, quella che discende dalla teoria dei due soli (potere politico e potere religioso), e la libertà di espressione sono sacrificate in nome della sicurezza nazionale. Sarà impopolare, ma non è accettabile.
Prima dell'11 settembre chiunque avesse esposto queste idee sarebbe passato, nei migliori dei casi, per xenofobo. Oggi invece tutto è consentito basta dire che il mondo è cambiato. Ma i valori rimangono gli stessi. Essere liberi di associarsi, di esprimere le proprie opinioni, di pensare che la via occidentale al progresso non sia la migliore fa parte del gioco. Sarà estremismo ideologico, ma fa parte del gioco. Si può combattere contro chi mette le bombe e contro chi fa attenttati terroristici, ma non gli si può impedire di parlare. Altrimenti avremo vinto in Iraq e in Afghanistan ma rischiamo di perdere la guerra più importante, quella dell'identità.

giovedì, aprile 21, 2005

Il pastore tedesco

Non sono intervenutob su questo mio blog nè per segnalare la morte del Papa nè per parlare della caduta di Berlusconi (ma chi l'avrebbe ami detto) un po' per mancanza di tempo un po' perchè non avrei avuto niente da aggiungere. Però c'è una cosa che in questi giorni fa discutere all'Ifg e ve la segnalo. Il manifesto di ieri titolava: "Il pastore tedesco" in riferimento all'elezione di Ratzinger a successore di Pietro.
Titolare "Il pastore tedesco" è offensivo, irrispettoso, irriguardoso? Direi che è nello stile "Manifesto". Ma non è questo che conta. E' quello che in realtà moltissimi pensano, fra di noi 32 ifgini e più in generale nel mondo. Wojtyla è stato considerato prima di tutto un uomo e poi la guida della Chiesa. E' normale quindi che si giudichi il suo successore con lo stesso metro. E l'uomo Ratzinger - il Papa ancora non lo conosciamo - fa paura per le sue posizioni ultraortosse. L'uomo Ratzinger può cambiare diventando Papa? La mia risposta ve la immaginate. D'altra parte se doveste giudicare un politico - e il Papa è anche un poltico - non vi basereste sul suo curriculum su quello che ha detto e fatto, no? E' su queste basi che esprimo un personale scetticismo sulle possibilità che Ratzinger sia in grado di rispondere alle nuove domande che la Chiesa di oggi pone. Giovanni Paolo II almeno sopperiva col carisma, ma Ratzinger?

venerdì, aprile 15, 2005

La nike chiede scusa sui lavoratori sfruttati

Incredibile ma vero, l'etica entra nelle multinazionali. L'obiettivo principe degli alter-mondialisti, la multinazionale diventata un simbolo dello sfruttamento per aver ignorato negli anni 90 le pressanti critiche sullo sfruttamento del lavoro minorile e sulle condizioni inaccettabili di molte fabbriche localizzate in Cina, Thailandia, Corea, Vietnam e altri Paesi asiatici, insomma la Nike,torna sui propri passi e adotta una nuova politica per la gestione dei fornitori (quelli che fanno produrre le scarpe per due lire a dei morti di fame, magari bambini). Il presidente della Nike Philip Knight ha addirittura fatto autocritica: "La tiepida risposta iniziale della Nike alle critiche è stato un errore di cui sono interamente responsabile".
L'altro ieri la multinazionale ha pubblicato un rapporto con il nome e l'indirizzo dei suoi 700 fornitori in modo che chiunque possa andare a controllare lo stato delle fabbriche. Nike ha anche cancellato i contratti di fornitura agli stabilimenti che non si sono adeguati alle sue richieste in materia di condizioni di lavoro: il 43%. Non credo che vedremo questa gente tornare a casa, mettersi davanti alla Tv e chiedere hai figli universitari com'è andata la giornata, sorseggiando vino, ma può rappresentare un passo in avanti.Inoltre, la decisione della Nike potrebbe avere una ripercussione su molte aziende che come la Nike hanno usato i lavoratori del terzo mondo come carne da macello, senza alcun rispetto delle minime condizioni igieniche, psicologiche, ambientali e legali.gum