venerdì, aprile 15, 2005

La nike chiede scusa sui lavoratori sfruttati

Incredibile ma vero, l'etica entra nelle multinazionali. L'obiettivo principe degli alter-mondialisti, la multinazionale diventata un simbolo dello sfruttamento per aver ignorato negli anni 90 le pressanti critiche sullo sfruttamento del lavoro minorile e sulle condizioni inaccettabili di molte fabbriche localizzate in Cina, Thailandia, Corea, Vietnam e altri Paesi asiatici, insomma la Nike,torna sui propri passi e adotta una nuova politica per la gestione dei fornitori (quelli che fanno produrre le scarpe per due lire a dei morti di fame, magari bambini). Il presidente della Nike Philip Knight ha addirittura fatto autocritica: "La tiepida risposta iniziale della Nike alle critiche è stato un errore di cui sono interamente responsabile".
L'altro ieri la multinazionale ha pubblicato un rapporto con il nome e l'indirizzo dei suoi 700 fornitori in modo che chiunque possa andare a controllare lo stato delle fabbriche. Nike ha anche cancellato i contratti di fornitura agli stabilimenti che non si sono adeguati alle sue richieste in materia di condizioni di lavoro: il 43%. Non credo che vedremo questa gente tornare a casa, mettersi davanti alla Tv e chiedere hai figli universitari com'è andata la giornata, sorseggiando vino, ma può rappresentare un passo in avanti.Inoltre, la decisione della Nike potrebbe avere una ripercussione su molte aziende che come la Nike hanno usato i lavoratori del terzo mondo come carne da macello, senza alcun rispetto delle minime condizioni igieniche, psicologiche, ambientali e legali.gum

2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

E' possibile, forse probabile, che la decisione della Nike potrebbe stimolare altre aziende a rendere la gestione del proprio outsourcing in paesi a rischio violazione diritti umani più trasparente. Credo, però, che la linea da seguire debba essere un'altra.
Nike ha deciso di rendere pubblica la situazione dei propri lavoratori sotto pressione di campagne di pubblica opinione; quindi, per difendere la propria immagine. Ma questo non garantisce che lo stesso verrà fatto in futuro, né che altri seguiranno il suo esempio. Se le verità da rivelare fossero troppo scomode? Se la pressione dell'opinione pubblica, che non può tenere accesi i riflettori su ogni cosa, tralasciasse altre aziende che operano nella stessa maniera?
Una sola proposta, anche se forse è utopica, per ora: la politica si svegli e prenda in mano la globalizzazione!
E' questo il nocciolo della questione: manca una direzione politica in grado di mettere regole e paletti allo sviluppo spinto dall'allargamento dei confini, innanzitutto economici. Non siamo ancora pronti, non esiste un governo globale e si fatica anche in realtà regionali (un Trattato ridotto all'osso come quello europeo passerà almeno in Francia? E in Inghilterra?).
Però è necessario iniziare a pensare in grande, a una politica che si riinventi e che prenda in mano le redini per rendere lo sviluppo sostenibile. Senza affidarsi alla buona volontà delle aziende.

6:39 PM  
Blogger guido maurino said...

Sono d'accordo con te, in linea di principio. Certo che fino a quando mancherà il governo globale (e non mi sembra che la soluzione sia dietro l'angolo) occorre guardare alle cose con spirito liberista e annotare che il mercato a volte si autoregola anche su questioni "etiche". Se mi chiedi: "Basta?" ti rispondo: "Forse no".

6:45 PM  

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